Osservare l’imprevedibilità

Osservare l’imprevedibilità

•Osservare• è uno tra i verbi più imprevedibili al mondo.

Sarà che era la mia scuola, sarà che amo i viaggi a ritroso ancora più di quelli con la valigia, ma questa parete mi ha catapultato dentro al mondo di tanti anni fa. Quello della scuola.
Quello degli occhi incollati dalla sonno ancora tanto confusi tra il sogno e la realtà.
Quello dei piedi dentro a scarpe sempre lunghe per difendere meglio l’andare incerto.
Ho chiuso la cerniera sul mondo e mi sono coccolata un attimo lì dentro. Ho sentito l’odore del panino al prosciutto e della legna della stufa vicino al banco. Ho sentito tutta l’impazienza di crescere.
Ho •osservato• le mie mani pensando di vederle sporche di pennarello e di briciole di grafite ma le ho trovate pulite e con le dita già lunghe. Gli occhi sempre confusi, quelli restano. Ma le scarpe invece troppo strette per simulare un andare deciso.
E a pensarci bene il fatto di essere cresciuta non me lo aspettavo succedesse, e non così in fretta. E nemmeno pensavo che le pareti restassero uguali, loro.
Allora se •osservi• il mondo, anche il tuo, senza presumere di sapere già cosa puoi trovare, ecco allora si racconta davvero.

•Osservare• vuol dire abituarsi a scoprire ciò che non ti aspetti.
{Ed è imprevedibile. Se no vuol dire che stai solamente guardando}
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