Rimedi per la coppia

Rimedi per la coppia

La terapia dei cappelletti.

È importantissimo fare almeno una volta ogni tanto la terapia della pasta fresca in famiglia. Rinsalda, fortifica e rinvigorisce la coppia. Riempie la casa di profumi e briciole. Obbliga ad uscire dal proprio leit motive quotidiano, qualsiasi sia, garantendo un rifugio in un gesto senza tempo. E soprattutto costringendo la famiglia a un momento di condivisione. È inevitabile per altro, in corso d’opera, avviare e nutrire almeno una conversazione. O quantomeno canti.
Noi in genere facciamo i cappelletti. O i tortelli. Ma i cappelletti sono senza dubbio la nostra soluzione migliore. Da buoni emiliani. Come si procede?
È necessario stabilire e definire per bene i ruoli.
Chi tira la pasta?
Chi fa i quadretti con la rotella sulla sfoglia?
Chi passa a mettere il ripieno sui quadretti?
Chi piega?
Ecco ce n’è per tutti. Dagli unenni (che poi attaccheranno inevitabilmente strisce di sfoglia sulle pareti e sul divano), ai novantenni (che lamenteranno giudizi sul ripieno non abbastanza saporito ed eccessivamente molle). Mi salva sempre il giudizio super partes del babbo, affetto da ottimismo cronico, che tende altresì a puntare all’obiettivo di concludere… Ottimo ed instancabile piegatore. Da buon artigiano.
Comunque. Cosa occorre?! Si procede con ordine. Prendiamo una giornata uggiosa, nebbiosa, fredda e possibilmente domenicale, festiva. Per essere tutti presenti.

È doveroso preparare, oltre al ripieno e alla pasta, almeno una torta. Di quelle molto molto buone (torta nera o di mandorle, torta cioccolatino, secondo i propri gusti), da mettere a disposizione degli “operai” nel momento dello sconforto operativo…
Il ripieno: ognuno ha la sua ricetta. Indiscutibilmente la migliore. Protagonista immancabile il parmigiano Reggiano, poi un trito di stracotto di carni miste (cotte con cipolla dove si incastano i chiodi di garofano), pane per asciugare il brodino dello stracotto, poi c’è chi aggiunge crudo o mortadella, e l’uovo per legare il tutto dopo averlo tritato.
La pasta: tante uova quanta farina in un rapporto 1:1

Attenzione a non cedere all’impulso della fretta. Il ripieno deve “covare”: tutti gli ingredienti devono conoscersi l’un l’altro lasciando ognuno qualcosa di sè e ricevendo qualcosa dagli altri. Come in famiglia.

E la pasta va mescolata, mescolata, mescolata. Con la forza. E poi lasciata a riposare perchè sappia distendersi nella sfoglia senza resistenze.

Impasto
E poi? Tanta voglia di condivisione. In uno spirito che solo l’operatività del cappelletto regala. Costringendo a far emergere tutto il surplus della vita che scorre, che scappa. Tutto quello che resta solo nelle note a piè di pagina di conversazioni interrotte, sommarie e mai esaustive della quotidianità frenetica. Costretti intorno ad un tavolo con pasta ovunque, ripieno che non finisce mai e vassoi stracolmi di cappelletti, sarà inevitabile fare terapia di famiglia. E la terapia di famiglia serve a scaldare la casa, i cuori di chi la vive, rimescolando l’amore e moltiplicandolo. A dare prova della capacità creativa e operativa della coppia. Ed è quello che salva.

Cappelletti

Bambini felici? Dati certi indicano che i bambini sono felici quando crescono nell’amore. Io sono sicura che i cappelletti producano amore. Lo scovino, lo sappiano spolverare e lo possano moltiplicare. E allora avanti… Non resta che piegare.
E alla fine metterli via per mangiarsene un bel piatto. Possibilmente farlo in una sera che chiude giornate difficili o intrise di superfluo. Cotti in un bel brodo caldo. Hanno il potere di restituire l’amore che hanno scovato, spolverato, moltiplicato nella giornata della piegatura. Sappiatelo!