Storie di animali e di migrazioni

Storie di animali e di migrazioni

C’era una volta uno stormo di meravigliose rondini nere che aveva solcato il mare e le avversità, portandosi nel cuore una terra lontana, ostile, per approdare in un luogo più mite.

Un folto gruppo di stupidi piccioni impegnato a scordarsi l’incanto, alzò il capo e, vedendole, si sentì rubare la propria porzione di cielo.

Quel cielo che loro non solcavano più. Sì, perché non ci andavano più, loro, in alto nel cielo. No. Usavano le loro ali preziose al massimo per arrivare sopra alla testa della statua di Garibaldi, per defecarci sopra.

Una volta erano piccioni viaggiatori, ora se ne stavano ammassati nelle piazze. A tubare. Tubavano instancabilmente ritmando l’assurdo della loro desolante vita. Lontana dal cielo. Dimentica dell’incanto. Mentre le rondini garrivano nel cielo cantando la nostalgia della loro terra, ricordando così ai piccioni che il cielo c’era ancora.

Ecco perché ai piccioni non piacevano le rondini nere: perché gli ricordano la miseria in cui stavano, così lontani dal cielo.

Per questo motivo secondo i piccioni, le rondini se ne dovevano andare e tornare nella terra che cantavano nostalgiche. Non importava se quella terra le avrebbe uccise per le provvisorie condizioni avverse, per altro indipendenti da loro. Dovevano andarsene per non ricordare ai piccioni il loro lontano passato da viaggiatori, di quando anche loro il cielo lo solcavano davvero; dovevano andarsene così loro avrebbero potuto continuare a tubare nelle piazze dimentichi dell’immenso, e usare le ali solo per defecare sopra alla testa della statua di Garibaldi.

Dovevano andarsene per non ricordare loro l’immenso del cielo. Un giorno gli stolti piccioni videro il gruppo di rondini nere fare il bagno nella fontana della loro piazza. Proprio sotto la statua di Garibaldi. Le rondini erano in compagnia di un esemplare di parrocchetto dal collare, un pappagallo estremamente intelligente che aveva sempre ripetuto la storia, e ne aveva così compreso la pericolosa circolarità.

Ecco perché il parrocchetto dal collare se ne stava vicino alle rondini ad ascoltare il loro canto nostalgico. I piccioni inveirono indistintamente contro alle rondini e contro al parrocchetto dal collare.

Lui sapeva bene che il cielo era abbastanza grande per tutti anche se abbastanza lontano da sembrare irraggiungibile, ecco perché chiedeva ai piccioni di ascoltare il canto nostalgico delle rondini: perché sapeva che poteva riaccendere in loro l’incanto. Che gli sarebbe servito quantomeno per aiutarli a ricordare che avevano le ali.
Le rondini nere ripresero a volare. E il parrocchetto dal collare riprese a ripetere la storia.

Perché almeno uno tra i piccioni ricominciasse a viaggiare assaporando l’incanto del cielo, smettendo di ignorare l’esistenza delle sue ali!  
{Che l’ignoranza resta l’epidemia più temibile}

Storie di animali e di migrazioni.
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