Cinque minuti

Cinque minuti

Ho un sogno. Ve lo volevo dire. In verità, fortuna mia, ne ho parecchi. Ma questo al momento mi straripa proprio dal cassetto.

Vorrei fare la comparsa all’Opera. Preferibilmente all’Arena. Per l’Aida. Potrei fare anche l’elefante, o il cavallo. La comparsa, ecco. Mi dico, è così impossibile? Basta stare zitti e fermi. Lì sul palco.

Solo che ho confessato il mio sogno a un’amica saggia, che mi ha detto: «ma Giordy ma tu non ce la faresti mai a stare zitta e ferma sul palco. Come minimo dopo trenta secondi scoppi a ridere!» La verità fa male!

Allora ho avviato un esercizio quotidiano: cinque minuti, regolarmente calcolati con clessidra, di tempo speso ferma nel silenzio.

In piedi. Coi miei figli che fanno da personal trainer (da disturbatori). Io, dando per assodata la teoria che si educhi con l’esempio e non con le parole, persevero e mi alleno. Perché mi piacerebbe educarli ad inseguire i sogni mettendoci del tempo dentro, anche cinque minuti. E se va male, come francamente mi aspetto, meglio ancora. Perché inseguire i sogni non vuol mica dire necessariamente concretizzarli. Vuol dire inseguirli! Le parole non confondono. .

•Di fatto, mentre si inseguono, i sogni si possono anche cambiare•

<Il glicine sognava di fiorire e non sapeva della grandine, ora semplicemente sogna di mettere le foglie>