E se i bimbi fossero semplicemente bimbi…

Solo per condividere un punto di vista. Una posizione, come abitualmente, un po’ fuori dal coro. Che poi… diciamocelo: non necessariamente la propria vocazione corrisponde a quella del cantore. Sicché mi consolo. E condivido questo canto un po’ solista per voce poco complementare.

La riflessione nasce da una condivisione con una cara amica che è stata al colloquio con le insegnanti del nido del suo bimbo, un grande bimbo che ha compiuto 2 anni a dicembre. Un grande bimbo di due anni e un mese, quindi.
Le maestre le avrebbero fatto presente che il bimbo trova difficoltà a mantenere l’attenzione e a “stare fermo”. Le avrebbero, quindi, suggerito di ritagliare più momenti per la lettura e di fare con lui dei giochi da tavolo. Premesso che questa valutazione, fatta così in estrema scioltezza ad un semplice colloquio del nido, potrebbe aprire le porte ad un ingresso irruente dell’ansia tipica delle mamme, credo in maniera assolutamente ingiusta, mi chiedo quali parametri si utilizzino per rilasciare tali sentenze. Sempre più frequenti e sempre più su tale linea.
Parametri propri di una società che si vende per evoluta e spesso non saprebbe nemmeno spiegare come si coltivi la terra. Bene.

Punto primo: il mio bambino ha pochi mesi in meno e se penso al suo naturale approccio ai giochi da tavolo, cercando di indagare nella mente su quali siano i giochi da tavolo consoni a questa età, riscontro un’ottima capacità di saltare sul tavolo, e nell’ordine, eventualmente scaraventare qualsivoglia cosa sia su di esso collocata.
Punto secondo: ma a un bimbo di 25 mesi cosa chiediamo? Perché secondo il mio parere del tutto personale, un bambino di questa età che “non sta fermo” corrisponde a un bambino in piena, anzi pienissima, salute.
Punto terzo: sulle letture si apre un capitolo del tutto soggettivo che sinceramente restituisce un po’ l’idea che sia quasi una moda ora proporre la lettura come medicina salvatutto. Ci sono bimbi che, specialmente a questa età, con i libri ci giocano volentieri a fare le torri, e che, alla terza pagina, si spazientiscono. E che, di contro, casomai quando sono più grandini, leggono volentieri e con passione.
Forse, per alcuni bimbi, può essere più affascinante stare davanti ad una finestra e “leggere” quello che si vede fuori. E credo che anche questa sia una forma di lettura.
Ma parliamo degli adulti che sono impegnati nell’educazione di questi figli. Quanti libri leggono in media in un mese? Forse, a parte i post su Facebook, si limitano a leggere le istruzioni del nuovo orpello tecnologico o i titoli del giornale (solo quelli in grassetto). E spesso sono gli stessi che predicano l’importanza della lettura, e la passione sfrenata per la stessa dei loro figli in età prenatale. O addirittura fetale. No, lo dico giusto per restituire una misura delle cose. Senza giudizio alcuno.
Ma tornando alle considerazioni sopracitate delle maestre, che qui prendo ad esempio concreto, ma che ritrovo spesso nelle parole di molti, credo restituiscano una triste verità: chiediamo ai bambini di essere adulti da subito.
Vogliamo, cioè, rubare loro il privilegio, tanto magico quanto impegnativo, di essere quello che noi non siamo più e che non possiamo essere.

Trovo sia giusto cercare di dare loro un sostegno e un indirizzo verso il quale muoversi per crescere nel modo più semplice e per fare emergere i loro talenti con disinvoltura, per carità.
Educare è certamente anche questo: restituire regole.
Ma imporre loro di crescere troppo in fretta rischia di produrre tanti adulti frustrati, un po’ sull’onda del nostro “meraviglioso” oggi;
adulti prossimi ad avere necessità di goccine e di abbonamenti di sedute psicologiche perché pieni di opprimenti complessi di inferiorità o incapaci di assecondare semplicemente se stessi. Perché in fondo un bambino è un bambino.
E se gli chiediamo da subito di recitare la parte di ciò che non è, e di rispondere a impulsi che non sono i suoi, impererà questa strada come l’unica possibile e a riconoscere questo sistema come giusto e naturale.
Un bambino ha essenzialmente pochi bisogni: cibo, amore, cure, movimento e noia. E qualsiasi di questi gli sottraiamo, anche nella convinzione che sia giusto, procuriamo un grande scompenso. Se imponiamo loro di stare fermi e li sovraccarichiamo di impegni che non lascino spazio alla noia non ci dobbiamo poi stupire se rispondo con la reazione opposta.
Nel tentativo di affermarsi come ciò che ora sono! Penso anche a quel famoso disturbo da deficit dell’attenzione e di iperattività che è figlio proprio del nostro tempo. E che forse risponde a una incapacità di adattarsi a ritmi che tanto fisiologici non sono. Quelli a cui li chiamiamo già da subito. Quei ritmi che noi adulti abbiamo fatto nostri e vendiamo come una affermazione personale.
Lasciamo che i bambini siano bambini e proviamo noi semplicemente a essere genitori: procuriamo per il loro zaino tanto amore, cibo, cure, spazio libero per i loro movimenti e per la mente.

Qualche corso in meno se possibile.
E qualche capriccio e pianto in più a cui dare poca importanza.

Per restituire il senso delle cose.
Bisognerebbe cercare di essere liberi dal concetto che questa società liquida, come Bauman la definisce, ci vende come oro. E costruite solide basi che possano essere per loro fondamento su cui costruirsi e stare a galla, senza necessariamente diventare tutti eroi, ma sempre, semplicemente, mirata a crescere adulti felici
Aspetto, comunque, suggerimenti sui giochi da tavolo per bambini di 25 mesi…